Quando emerge una nuova tecnologia, una applicazione, ma sempre e solo dove ci sono molti fondi a disposizione per la ricerca, le fasi sono frequentemente queste:
- annuncio strabiliante
- ipotesi applicative rivoluzionarie
- attrazione di investimenti
- presentazione dei risultati
A questo punto siamo ad un bivio: la tecnologia ha successo e si sostiene, viene apprezzata e utilizzata oppure il mercato la rifiuta.
Qualcuno a malincuore l’abbandona e pensa altro, altri si accaniscono su questa tecnologia e quindi vengono ipotizzati utilizzi sempre più emotivi. Il più nobile e allo stesso tempo discutibile è quello della salute, dell’assistenza specialmente se misurane l’efficacia è difficile se non impossibile.
I casi sono tantissimi, nel tempo arricchirò questo post, ma quello dei robot-assistenti specialmente per patologie nell’ambito autistico e della salute mentale è un esempio di studio.
In Giappone da almeno 20 anni si sviluppano progetti di robot-assistenti, robot-infermieri, robot-psicologi con l’intento di sostituire gli assistenti alle persone, specialmente nelle fasi avanzate dell’età e con capacità cognitive in deterioramento.
C’è una sottesa e spesso espressa volontà di non far entrare, in un paese che diventa sempre più vecchio e che vive sempre più a lungo, immigrati da altri paesi. Lo hanno scritto e detto politici, giornalisti, autori a più riprese.
C’è anche l’idea che occuparsi di queste persone, spesso allettate, sia un lavoro pessimo da far fare alle macchine e che il malato, ora non più utile si possa accontentare di qualche macchina che lo giri, lo pulisca, lo nutra e magari gli faccia dei sorrisi con una barra curva di led.
Dei robot e autismo ne parlerò a parte perché in questi anni ho raccolto molto materiale. Che merita una pubblicazione più dettagliata anche per parare i colpi di chi si sentirà, giustamente, chiamato in causa.
Fermiamoci quindi a robot che in Giappone “dialogano con persone” con demenza.
Questo studio “Psychological and Neurophysiological Effects of Robot Assisted Activity in Elderly People With Cognitive Decline” su PubMed (link) risponde in parte alla domanda con in questo modo:
These results suggested that participants with cognitive decline had difficulty understanding the contents of communication with the robot.
Il lavoro di Akio Goda, Takaki Shimura, Shin Murata, Takayuki Kodama, Hideki Nakano, Hironori Ohsugi riporta nell’esauriente abstract:
Robot-assisted activity (RAA) is a non-pharmacological therapy used to treat behavioral and psychological symptoms of dementia. This study investigated the immediate effects of RAA on psychological and neurophysiological indices. Twenty-eight elderly people were assigned to the cognitive decline group (n=11) or control group (n=17) based on their Mini-Mental State Examination scores. After 5-min RAA sessions that involved patients interacting with a communication robot, patient emotions and mood states were measured, and resting-state EEG activity and salivary cortisol were assessed before and after RAA. We found that compared with those in the control group, participants in the cognitive decline group did not enjoy RAA using the communication robot. This was corroborated by EEG findings indicating decreased relaxation immediately after RAA exposure. These results suggested that participants with cognitive decline had difficulty understanding the contents of communication with the robot. Our results indicated that elderly people who have cognitive decline and use day-service centers are less likely to experience the immediate benefits of RAA, including positive emotions and mental relaxation. To conduct effective RAA for such populations, it may be useful to select a method that is better understood and enjoyed by participants.