Open Data solo pubblici?

robotSul tema Open Data ho avuto modo di confrontarmi più volte con colleghi ed esperti. Spesso ho riscontrato che si da per scontato che i dati provenienti dalla PA e più in generale pubblici debbano essere forniti in formato aperto e disponibile. Assolutamente d’accordo ma esiste un’area, non meno piccola e non meno promettente sono i dati delle imprese.
Dalla Rivoluzione Industriale, passando per la massificazione della produzione, uno degli asset più importante delle aziende erano i brevetti, i segreti industriali, le conoscenze d’impresa.In molti ambienti questo è ancora valido ma ci sono delle informazioni che le imprese proprio non possono non condividere.
Prendiamo, a puro esempio, una azienda che progetta e realizza prodotti per il grande pubblico, che magari utilizza la GDO (Grande Distribuzione Organizzata) o GDS (Grande Distribuzione Specializzata) per la vendita.
L’azienda ha un interlocutore che è il distributore e di norma e i risultati di vendita si hanno a distanza di mese se non di anni.
Si decreta quindi il successo o insuccesso del prodotto stesso al termine della prima fornitura, del primo lotto. Il feedback è lontano ed è impossibile modificarlo in tempo.
Ci sono delle parti specifiche e originali nelle merci che sono il valore di ricerca e sviluppo dell’impresa che vanno riservate ma ci sono anche delle altre componenti il cui valore è legato ad esempio all’estetica, al colore, al materiale. Cambiando questo ultimo elemento il progetto continua ad avere la sua identità. Sto parlando di varianti colore, forma, materia, texture, superficie.
Se le geometrie principali dei modelli vengono rese disponibili sul mercato in formato Open Data, diamo la possibilità a chiunque e ovunque di poterne utilizzare le informazioni per personalizzare il prodotto, per costruirne delle parti aggiuntive, per renderlo compatibile con altri prodotti.
In questo caso il feedback è immediato, è un vero e proprio dialogo tra l’impresa e il mondo esterno.
Si ampliano le possibilità di vendita, si rispettano i diritti sul progetto, si permette a tutti di sentirsi “parte del processo progettuale d’impresa”. Anche in Italia iniziano ad affacciarsi imprese che stanno facendo proprio questo: aprire i dati, non aver paura che qualcuno possa copiarli: se un concorrente lo vuole fare compra il prodotto, ne fa un reverse engineering e lo riproduce.
Se l’impresa fa il primo passo non rischia nulla ma ha molto da guadagnare.
Per non dimenticare che con soluzioni di 3D Printing si può lasciare in questo modo ampia libertà di aggiunta di elementi (che chiamiamo “plug-in”) agli oggetti stessi. Una sorta di hack-design.
Intorno a questi temi stiamo lavorando con il progetto open source SmartData che aiuta proprio aziende a PA ad utilizzare dei dati aperti standard ma nello stesso tempo in grado di associare più informazioni liberamente organizzate. Presto ne riparleremo.