Segnalo il call for paper del convegno “Back to black”. La nerezza del nero. Il termine di scadenza per la consegna degli abstract è il 15 maggio. Riporto per comodità l’invito completo.
Il convegno, a cura di Patrizia Magli e Angela Vettese per IUAV Università di Venezia, si terrà dal 23 al 25 Giugno 2011, Palazzetto Tito, Fondazione Bevilacqua La Masa.
Back to black. La nerezza del nero, promosso dalle due Unità di Ricerca LISaV e Fare mostre per fare storia dell’Area di Ricerca Design, Visual&Perfoming Arts, fa seguito ai convegni Estetiche del Camouflage, Diafano, vedere attraverso e I lati del volto, che hanno già interrogato il visibile a partire da sue condizioni limite. Questo ultimo incontro intende indagare il valore del nero come processo negli ambiti dell’arte, del design, del cinema, dell’architettura, della moda e del teatro.
Il nero assoluto non esiste, scriveva Vincent van Gogh a suo fratello. Il nero, egli diceva, forma l’infinita varietà dei grigi, tra loro diversi per tono e per forza. In che modo, allora, distinguere la nerezza del nero secondo una scala di gradazioni all’interno di questa “infinita varietà dei grigi”? Perfino un grigio chiaro può apparire quasi nero o decisamente nero se accostato ad un bianco abbagliante. Nessun colore infatti vive in un regime di solitudine. E tuttavia, anche se lo considerassimo in uno stato di isolamento ideale, come le monocromie radicali in pittura o gli esperimenti di laboratorio, il nero, nella sua pregnanza fenomenologica, è un complesso di configurazioni variabili. È quanto sostiene Charles Goodwin nel suo saggio “La nerezza del nero” (da cui abbiamo tratto il titolo di questo convegno), dove analizza l’attività di un gruppo di ricercatori intenti a calcolare la reazione chimica del nero fino al momento in cui tutti dovrebbero concordare che i materiali nella vasca di reazione hanno raggiunto il jet black. Questo colore, egli dice, dovrebbe essere il nero più nero a partire dal quale definire cosa rappresenta il nero nella sua manifestazione prototipica. Ma vedere il jet black, dice Goodwin è un’impresa problematica. L’idea di che cosa debba essere considerato nero, infatti, non è statica: al contrario, si modella poco a poco, attraverso una combinazione di informazioni tratte da modalità sensoriali differenti come, ad esempio, la densità della materia che lo manifesta, e dove entra a far parte anche la negoziazione linguistica tra i ricercatori coinvolti nell’esperimento.
L’esperienza del nero, dunque, del nero colto nelle sue varie manifestazioni e supporti materici, lo configura non come stato, ma come processo. Come un’ininterrotta oscillazione tra colore e incolore, tra il buio più impenetrabile o le tenebre, e l’ombra o la penombra, quest’ultime invece già creature della luce, essendo compromesse con il bianco. Il nero inteso come processo di intensificazione e attenuazione, di saturazione e de-saturarazione, di scolorimento e trascoloramento, è allora, per così dire, un’identità narrativa, un divenire attraverso gradualità di transizioni. Ma c’è di più. Come John Cage suggeriva, se i monocromi di Rauschenberg invitavano l’osservatore a fare l’esperienza del “vuoto” e del “silenzio”, il nero si dà non solo come conoscenza visiva, ma poli-sensoriale, come teatro dove è possibile riconoscervi sequenze di fasi, di spazi, di momenti. L’accento posto sul modo in cui queste proprietà emergono al visibile, di fatto, racconta un’altra storia: racconta la processualità stessa della significazione.
Back to black, dunque, come annuncia Amy Winehouse nella canzone da cui abbiamo tratto parte del titolo del nostro convegno!
Innanzitutto il nero, in quanto evocatore simbolico del buio, permette una formidabile manipolazione dello spazio, parallela ad una ri-concettualizzazione dell’idea stessa di spazialità. Nel buio, non sappiamo più dove siamo, non possiamo determinare la nostra posizione, la nostra strada, ci sentiamo “perduti”, sottratti al mondo oggettivo e a noi stessi. Questo disorientamento evocato dal nero (e che il mondo animale conosce sia come strategia di attacco che di difesa) riguarda, anche il design e l’architettura. Queste ultime, infatti, lavorando cromaticamente sulle superfici delle cose o delle case, producono, con il nero e le sue declinazioni, effetti di intervallo o di scansione ritmica non solo negli edifici, ma anche negli stessi paesaggi urbani.
Nell’arte si tratta invece di vedere come le pitture monocrome radicali si presentino come “immagini perfette”: ora rappresentazione della negazione stessa della rappresentazione, del Vuoto e del Nulla, ora, al contrario, evocazione dell’assoluto, rappresentazione dell’irrapresentabile, del “sublime senza mediazioni”, di una Verità immanente, sottratta alle ingannevoli apparenze del figurativo. Dalle Pinturas negras di Goya a Malevich, da Rodtchenko alle Black Paintings di Reinhardt, Rauschenberg, Stella, Rothko, Black-Square-Painting Shows, si tratta di vedere come queste opere problematizzino la questione stessa del vedere, di ciò che ci è dato vedere e ciò che crediamo di vedere. Di un troppo o troppo poco da vedere.
Latenza e potenza del nero, dunque. Di qui una serie di problemi di ordine epistemologico che riguardano sia la letteratura che la filosofia. Genre Noir, humour noir, rabbia nera, teatro nero, black fashion, il nero si configura come un provocatorio terreno transdisciplinare.
Ma è soprattutto nel dominio delle tinte, dei tessuti e dei vestiti, dai gioielli neri della Regina Vittoria alla “petite robe noir” di Chanel, che si mescolano più strettamente problemi chimici, tecnici e materici con questioni sociali, ideologiche, simboliche e, soprattutto, estetiche.
Parafrasando Merleau-Ponty a proposito del colore, potremmo dunque dire che il nero è un fossile estratto dal fondo dei mondi immaginari, è “qualcosa che non è cosa, ma possibilità, latenza e carne delle cose”.
Il convegno, Back to black. La nerezza del nero, prevederà sei sezioni:
a) Una sezione teorica (Giulio Giorello, Paolo Fabbri, e altri).
b) Una sezione di Arte (Angela Vettese, Patrizia Magli, e altri)
c) Una sezione di Design (Raimonda Riccini, Giovanni Anceschi e altri)
d) Una sezione di Moda (Maria-Luisa Frisa, Elda Danese e altri)
e) Una sezione di Cinema e di Teatro
f) Una sezione di Architettura (Mario Lupano, Marco de Michelis e altri).
Agli interessati si prega di inviare a Eva Ogliotti (eva.ogliotti@gmail.com), il titolo e l’abstract del loro intervento, non oltre il 15 maggio.