È una delle professioni più frequenti nei social perché usano intensivamente i social per proporsi. Sono i “buzzword specialist” o “hype professional” o definiteli come volete. Ma li riconoscerete in un istante. Sono persone con una cultura media generale, che lavorano presso se stesse che provano a cavalcare, senza conoscerne le basi teoriche, tecniche, applicative e sociali le parole più in voga del momento per costruirsi una immediata e immeritata reputazione su un certo tema. Arrabattini qualcuno li chiama ma forse il principio edonistisco estemporaneo mal si accompagna a chi contribuisce a rendere torbido un mercato.
Le parole a cui si aggrappano sono blockchain, crypto, ma anche content curation, per non parlare del SEO. Potete aggiungere tutti i termini che vi vengono in mente, basta siano in trend. Li usano in modo improprio e superficiale. Adesso più che mai lo fanno in TikTok dando i consigli per punti su temi che non sono nemmeno completamente contornati dai professionisti. No, loro sanno quali sono i 10 punti fondamentali. Qualcuno ha detto che sono coraggiosi, io penso che solo la sopravalutazione di sé stessi superi la dignità necessaria per raccontare cose che non si conoscono.
Questi, nel giro di poche ore, sono in grado di comprenderne il significato di un fenomeno complessissimo, costruirci sopra un corso, offrire consulenza ed iniziare a postare senza ritegno sui social alla ricerca dei complimenti.
Si, perché una componente importante è il riconoscimento sociale, quello che io chiamo la società del consenso. Talvolta si accontentano di questo, non sono in grado molto spesso nemmeno di monetizzare ma l’orgoglio di poter dire “sono sul pezzo” e di poter contare i like li ricopre dell’impermeabilità al ridicolo.
È il momento dell’Intelligenza Artificiale, di chatGPT, di ogni variante denominativa per la quale si professano specialisti.
Tutte quelle che ho indicato, ma prendiamo il tema del SEO giusto perché “anziano” e maturo, richiedono una enorme conoscenza delle basi fondanti per capire come vengono utilizzate le keyword nei motori di ricerca, l’obiettivo non è essere “primi su Google” ma farsi trovare in maniera adeguata senza deludere chi fa la ricerca perché questo comporta un effetto rebound gravissimo per chi è oggetto della comunicazione. Servono appunto basi di comunicazione, analisi del contesto, analisi delle ricadute, costruzioni di adeguate landing page in grado di trasferire emozioni, valori, idee dell’azienda o dell’ente che si vuole boostare. Per non parlare delle implicazioni etiche e sociali nel “manipolare” l’albero della ricerca. Insomma, una cosa che richiede centinaia di ore a chi ha già delle solidissime e accademiche conoscenze statistiche, linguistiche e semantiche viene fatta in una notte.
Per i buzzword specialist tutto questo non serve, basta cogliere il momento.
È per questo che in tanti stiamo contribuendo a progetti aperti, gratuiti e liberi per definire e validare le competenze in maniera partecipata ma certa. Pian piano ci stiamo riuscendo.
L’aria si fa più rarefatta caro buzzword specialist, senti che inizi ad avere difficoltà di respirazione?