Suicidi in rete. Cosa fare

Chi è in rete da molti anni, come nel mio caso, avrà certamente avuto occasione di imbattersi in messaggi di aspiranti o sedicenti suicidi. Cosa fare in questi casi? Quale strategia seguire? Tentare di dissuaderlo con improvvisati interventi? Avvisare le forze dell’ordine rischiando una denuncia per procurato allarme? Proviamo a rispondere razionalmente a questo tema visto che periodicamente si ripropone.In Italia ogni anno secondo i dati Istat si suicidano circa 4.000 persone (nel 2009 erano stati 3.975 di cui 3.094 uomini e 881 donne) ovvero 11 persone al giorno.

Lo stesso ISTAT precisa che “le statistiche prodotte a livello internazionale sui suicidi possono sottostimare il fenomeno a causa, in primo luogo, della difficoltà a individuare il suicidio come causa di morte”.

Fra i Paesi Ocse, l’Italia registra uno dei più bassi livelli di mortalità per suicidio. Tra il 1993 e il 2009 la mortalità è diminuita significativamente da 8,3 a 6,7 suicidi ogni centomila abitanti, con piccole variazioni su livelli storicamente bassi negli ultimi anni.
La propensione al suicidio è maggiore tra la popolazione maschile, oltre tre volte quella femminile, e cresce all’aumentare dell’età. (Fonte e indagine integrale in PDF)

Questi dati non tengono conto dei suicidi legati alla crisi economica (2009-attuale) e quindi i valori devono essere rivisti in ascesa.

L’ISTAT afferma che “La propensione al suicidio è maggiormente elevata tra le persone con titoli di studio medio-bassi.”. Dato con cui non concordo perché bisogna tenere conto del numero di laureati sul totale delle popolazione e in tal caso i risultati sono esattamente opposti.

Ma quando leggiamo un messaggio minaccioso in rete dobbiamo preoccuparci?

Il primo problema è capire, e sui social network è arduo, se si tratta di un messaggio correttamente compreso, si tratta di ironia, di un’esagerazione o di una burla.

Agire subito per escludere che si tratti di uno scherzo di cattivo gusto. Qualche informazione la si può intuire dall’analisi di precedenti messaggi, da quanto tempo il profilo è in rete, se ha postato “momenti di vita sociale” o si tratta di un troll.

Voglio morire” può esprimere una situazione di estremo disagio ma può essere anche una frase ad effetto, uno scherzo.

Il secondo passo, accertato che non è un troll, è il contatto. Stabilire una relazione.

Non è detto che chi annuncia un suicidio poi lo porti realmente a termine perché il comportamento suicidario ha lo scopo di riportare su se stesso l’attenzione e la morte viene sottovalutata come “incidente” rispetto all’eliminazione del dolore maggiore, più forte. Anche notizie di agenzia che esaltano il ruolo dell’intervento tempestivo nulla dicono se si sia trattato di un vero tentativo di suicidio o di un estremo disagio che in ogni caso non avrebbe avuto conseguenze drammatiche.

Cosa è il suicidio

Il comportamento suicida è un disturbo psichiatrico e la lettura della sezione del Manuale Merck risulta molto utile.

Ogni atto o minaccia di suicidio va presa sul serio. Sebbene alcuni suicidi tentati o riusciti costituiscano una sorpresa e uno shock anche per familiari e conoscenti stretti, nella maggior parte dei casi vengono mandati chiari avvertimenti, in genere a familiari, amici, personale medico o ai volontari dei centri di prevenzione delle emergenze di suicidio, che offrono un servizio 24 ore su 24 alle persone in difficoltà. I volontari tentano di identificare la persona che potrebbe suicidarsi, mantengono la conversazione, valutano il rischio e offrono aiuto per i problemi immediati; di solito si mettono in contatto con altri soggetti (familiari, medici, polizia) per l’assistenza urgente durante la crisi, cercando di avviare la persona a rischio di suicidio alle strutture idonee per l’assistenza di follow-up. Malgrado questo sia un approccio razionale per aiutare gli individui a rischio di suicidio, non ci sono dati significativi indicanti che esso ne riduca l’incidenza.

A chi rivolgersi

Come abbiamo detto il comportamento suicida è un disturbo psichiatrico e va trattato da persone esperte e non da improvvisati psicologi.
Pertanto, dopo aver individuato il problema, è inutile pubblicizzarlo in rete ritweetando, ripostando ecc.

Vanno contattati degli operatori in grado di gestire la situazione

Chiamare il 112 o 113 indicando con precisione:

  • La fonte della notizia (indirizzo Facebook o Twitter)
  • Chiarendo che si tratta di una segnalazione la cui fondatezza non è suffragata da elementi oggettivi
  • Lasciano un recapito per successive informazioni

Sarà poi compito delle forze dell’ordine identificare l’utente per mezzo della Polizia Postale e delle comunicazioni (Qui PDF con elenco dei numeri da chiamare).

La buona fede espressa nell’azione,  e il secondo punto indicato va proprio in quel senso, esclude che chi chiama le forze dell’ordine possa essere accusato di procurato allarme, come spesso in rete si paventa, in quanto si tratta di una situazione definita in ogni caso in buona fede e avente uno scopo preventivo di scongiurare un evento irreparabile.

Tutte le strutture sanitarie locali hanno in Italia un servizio di prevenzione e di benessere psichiatrico e le informazioni sono disponibili a questo indirizzo.

A Roma c’è il Servizio per lo Studio e la Prevenzione dei Disturbi dell’Umore e del Suicidio, con sede presso la U.O.C. di Psichiatria dell’Ospedale Sant’Andrea – Cattedra di Psichiatria, Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza Università di Roma. La richiesta di aiuto è disponibile dalle 9:30 alle 16:30 da lunedì a venerdì al numero 06 33777740. Questa è la pagina del sito.

UPDATE CASO #2
Come anticipato, il periodo di crisi non aiuta le persone in difficoltà ad avere quella fiducia necessaria per andare avanti. E fioccano tanti altri tweet disperati.

Si, lo abbiamo detto, la razionalità non è il forte dei suicidari e dopo aver comunicato all’intero mondo le intenzioni di farla finita rispondono in questo modo alle attenzioni

I giornali locali ne danno notizia SENZA CITARE il nome. Ammirevole.

Ma non resiste alla tentazione di rispondere pubblicamente, per dare ulteriore visibilità al suo gesto.