Conferenza Crisi e Lavoro

Nei giorni scorsi ho partecipato a Roma a un incontro sulla crisi e sul lavoro. Il tema verteva sulla necessità, anche delle piccole imprese, di affrontare il tema del futuro, dell’incertezza e delle difficoltà di trovare lavoro da parte dei giovani. Il testo che segue è la traccia che ho utilizzato.

Appunti per il convegno “Crisi e lavoro”

La crisi mondiale è iniziata nel 2004 e ha avuto il suo massimo nel 2009

Non è detto che sia terminata o in fase migliorativa
Non sono state rimosse le cause che l’hanno provocata
Non è stata dovuta solo all’indebitamento americano

È stata causata da una serie di fattori:

  • Aumento della capacità di produzione del far east
  • Aumento dell’importanza degli acquisti in rete
  • Incapacità di molte imprese occidentali a produrre prodotti specifici per il nuovo mercato internazionale

Scenari di mercato internazionali

Internet ha cambiato il mondo.

Nelle società occidentali, scolarizzate e tecnologiche spariranno le attività di intermediazione (viaggi, assicurazioni, banche, immobiliari)

Internet. Sta ponendo fine a tutte le attività di intermediazione.

In Italia la situazione è diversa dagli altri paesi perché non si possono toccare i diritti acquisti. Che partono dal “posto” e arrivano allo stipendio.

Non dimentichiamo che in Italia il “posto pubblico”, soprattutto in alcune  aree del paese è un succedaneo di un serio welfare.

Il vero problema è che all’estero il sussidio di disoccupazione incentiva a trovarsi una lavoro, da noi il posto vale per la vita (come certe pensioni di invalidità ecc).

Da noi è vietato anche tagliare gli stipendi in una industria privata in crisi, se licenzi anche per giusta causa c’è sempre il reintegro e non si riescono a licenziare ma solo a trasferire neppure i condannati, nel pubblico impiego.

Lavoro

La nostra società sé sempre più interconnessa non solo dal punto di vista economico e relazionale ma anche digitale.

L’avvento di internet è stato un fenomeno di cui si è spesso compresa solo l’entità esteriore, e non l’essenza sociale e  macroeconomica.

Secondo i dati Istat nel 2011 ci sono il 57% di occupati, il 38% di inattivi e l’8 % di disoccupati

Il ruolo della PMI nell’economia italiana.

  • In Italia ci sono circa 4,4 milioni di imprese attive con 17,3 milioni di addetti di cui 11,6 milioni di dipendenti.
  • Il 95% delle imprese ha meno di 10 addetti.
  • La dimensione media è di meno di 4 addetti per impresa.
  • Le microimprese contano per il 47% degli addetti, le grandi imprese circa il 18% degli addetti.
  • Le imprese manifatturiere che esportano direttamente beni sono solo 94.000.

Le imprese italiane sono più deboli delle straniere.
I motivi vengono da lontano, dalla costruzione del sistema paese.

Ma in un periodo di crisi ogni situazione è stressata ed esasperata.

Le imprese (in particolare la PMI) non sono competitive per una serie di motivi:

Le imprese non hanno capito il ruolo strategico della rete.
Le imprese sono troppo piccole per poter fare investimenti in innovazione, ricerca, sviluppo, selezione del personale

Non sono attrattive per i talenti perché non sanno valorizzarli, perché non hanno quasi mai un piano – carriera, non hanno quasi mai un piano di formazione permanente del personale.

Non c’è meritocrazia
. A differenza delle grandi famiglie continentali europee che hanno mantenuto la proprietà dell’impresa e l’hanno separata dalla gestione affidandola ai migliori manager esterni, nell’impresa italiana la meritocrazia non è gestita.
Si entra in azienda per diritto di successione e si assumono spesso ruoli che sono strategici senza le opportune competenze.
Non viene nemmeno presa in considerazione l’opzione di valutare le competenze di chi entra: si entra per diritto e basta.
I risultati sono chiari: siamo il paese con la maggiore problematicità nel passaggio generazionale, anzi, che discute ancora del passaggio generazionale.

La selezione del personale spesso avviene più per “simpatia” che per una valutazione attenta  e specifica. Spesso che seleziona il personale non ne conosce nemmeno le basi. La maggior parte delle PMI non hanno nemmeno un mansionario chiaro: assumono ma il ruolo è modificato di volta in volta.

La PMI scimmiotta spesso le grandi imprese ma ne prende solo gli aspetti parziali, simbolici e non riesce a calarsi nella propria realtà.

Basti pensare ai budget annuali per gli investimenti: un metodo ormai assurdo considerando che il mercato, i clienti, i prodotti hanno una stagionalità poco più che mensile.
Eppure si fanno per “tradizione” i budget a fine anno senza considerare quello che succederà nell’anno successivo.

Le PMI navigano a vista. Quando si chiede agli imprenditori cosa si prospetta nel loro futuro, come sarà la loro azienda tra 5 anni nella migliore delle ipotesi danno delle risposte banali ma realmente non lo sanno.
Non si fissano obiettivi, vivono alla giornata, navigano a vista, cercano opportunità contingenti.

Questo poteva andare bene in un mercato in crescita, non in recessione.

Fare impresa in Italia

Fare impresa in Italia è più difficile che in altri paesi per una serie di motivi che brevemente elenchiamo:

La burocrazia creata nel dopoguerra in Italia, unitamente alla irresponsabilità della pubblica amministrazione ha raggiunto livelli intollerabili per un paese moderno e occidentale.
La burocrazia è autoreferente, non crea possibilità di dialogo con lì’impresa e il cittadino. Un sistema di garanzie esasperato, sindacale e personale, pone i pubblici dipendenti nella condizione di non poter mai essere ne valutati ne giudicati.
Il risultato è una situazione di assoluto immobilismo: nessuno si muove nell’interesse dell’ente e dei cittadini ma solo per evitare di commettere errori.

Non esiste un piano nazionale pluriennale di sviluppo economico. Pertanto non ci sono ne scenari ne pianificazioni finanziarie.
Questo significa che ogni attività di governo, dall’imposizione delle imposte e tasse fino ai contributi e incentivi è fatto di pancia, sulla spinta di lobby e pressioni politiche non per reale necessità del paese.
La crisi è stata sottovalutata da questo governo che fino al 2010 l’ha negata in tutte le occasioni ufficiali. Questa sottovalutazione ha impedito la creazione di importanti azioni economiche e finanziarie.

Il sistema bancario italiano è vecchio, nella migliore ipotesi inadatto e spesso legato a poteri forti. Non è impegno costante delle banche quello di finanziare la PMI.

Le richieste di garanzia per le nuove imprese o startup è spaventosamente esagerata rispetto al reale rischio.

È da aggiungere che spesso il personale è impreparato e inadatto alla gestione delle imprese.

Le banche di sono riempite di personale negli anni ’90 perchè il must era quello di aprire nuove filiali e sportelli per avere una presenza territoriale capillare. Adesso questa necessità è svanita perché internet permette l’home banking in maniera semplice e tutto il personale allo sportello non serve più. Le banche hanno iniziato un politica di tagli del personale e di incentivi al pensionamento, ma non c’è stata una valutazione ne meritocratica ne rinnovamento del personale stesso

La nostra proposta

Trovare lavoro non dipende dalla fortuna ma dalla conoscenza del mercato del lavoro, sapere cosa chiedono le aziende, applicare scrupolosamente precise tecniche.

Il nostro progetto si chiama SmartJob ed è un progetto completamente open ovvero può essere utilizzato da chiunque senza costi mantenendone però le caratteristiche.

Smart Job è un metodo per poter trovare o cambiare il proprio lavoro,  utilizzando al meglio le tecnologie digitali.

E’ lo spazio dove le migliori aziende discutono e cercano talenti per crescere.
Smart Job si compone di un metodo, di una serie di corsi, di evangelist (specialisti del settore selezionati in tutta Italia) e di questa piattaforma 2.0.

È costituito da una serie di elementi

Conoscere se stessi. È fondamentale conoscersi e sapersi valutare in maniera oggettiva ma specialmente in confronto con tutti gli altri.

Le imprese tendono ad assumere i migliori.

  • Noi siamo i migliori nel nostro campo?
  • Dove dobbiamo intervenire per migliorare?
  • Come migliorare?
  • Quanto valiamo?
  • Quanto è disposto a spendere l’imprenditore per avermi al suo fianco?

Il secondo elemento è quanto io sono in grado, ho voglia, mi impegno per migliorare me stesso. Tutti i giorni.

  • Quanti corsi sto frequentando?
  • Quanto sto investendo nel mio futuro?
  • Quali competenze ho acquisito in questo ultimo mese?

Il lavoro è in movimento ma io lo sono?

Terzo elemento, conosco l’impresa?

  • So che cosa cerca?
  • Conosco dove vuole andare?

Questo si acquisisce leggendo, essendo curiosi, cercando in rete, capendo le strategie.

Utilissimo è il gioco di mettersi dalla parte dell’imprenditore.

Io cosa farei se fossi l’imprenditore?

A questo punto ho tutti gli elementi.

Posso essere io a scegliere dove lavorare perché sono cosciente di essere utile e indispensabile.

Si devono usare ora tutte le tecniche per raggiungere l’impresa e proporsi nel modo migliore, non servono i curriculum inviati, non servono le presentazioni.

È necessario definire una propria reputation (off line e on line) e farla conoscere.

Le imprese evolute cercano e scelgono i migliori talenti da Linkedin, leggono le conversazioni in Facebook, su Twitter. Approfondiscono dai blog cercando di capire se la persona ha davvero qualcosa da dire o è un semplice e inutile gregario.

Conclusioni

Il lavoro c’è, in Italia ogni giorno migliaia di persone trovano lavoro, ma sono differenti rispetto alle altre, sono impegnate, sono sicure di se stesse, hanno voglia di sfidarsi, hanno un obiettivo.

L’augurio che voglio fare ai giovani è quello di essere in grado di far conoscere le loro capacità e le loro attitudini. E il lavoro non mancherà.